Serate ai tempi del Covid
Quando ritorno dal lavoro tardi
la sera siamo solo io, i rider con il loro fardello sulle spalle,
quelli che portano fuori il cane e...la luna.
Giulia
La stella più vicina al Sole e noi
La stella più vicina al Sole, Proxima Centauri, poco promettente in quanto a vita per dimensioni ridotte e assenza di veri e propri pianeti, dista più di 4 anni luce. Significa che con le nostre sonde più sofisticate ci si arriva in 80.000 anni. Se andiamo a ritroso di 80.000 anni l'uomo era ancora nel paleolitico, da cui uscirà 10.000 anni avanti Cristo. Le stelle più interessanti per sistema stellare rendono "lenta" anche la velocità della luce. Per attraversare la nostra Galassia servono 110.000 anni alla velocità della luce. Con mezzi di trasporto avanzatissimi, penso significhi milioni o miliardi di anni. Certo che la vita può esistere ma siamo immersi in un mistero tale che, a mio parere, è patologico esplorare pianeti e satelliti per cercare la vita senza aver prima portato un po' di pace e di equilibrio sul nostro pianeta. È come guardare verso un un orizzonte lontano, e poco promettente, mentre incendiamo la nostra casa.
Gabriele Lombardo
(foto di Mattia Alibardi)
DISCORSI SEMISERI DI TRE ANIME ERRANTI
- La Trirubrica
- Riflessioni
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Il tema del mese: Noi e il cibo
Il panino perfetto
Attenzione: nessun panino è stato maltrattato per scrivere questo pezzo.
Il cibo è la mia ossessione. Combatto i momenti difficili a suon di: ingredienti del panino perfetto (non a suon di ricette: io mangio, non cucino). Se la notte non riesco a dormire, anziché contare le pecore conto gli strati dei tramezzini; se sono annoiata, impaurita, angosciata, mi immagino come condire la pasta, che ricetta inventare, cosa comprare di buono – non è che funziona sempre, eh; ma intanto mi piace, e non costa niente. Mangiare mi piace, mi appaga. Non lo nascondo, e non lo nascono i miei chili di troppo. Mi piacciono soprattutto le cose che fanno ingrassare, i carboidrati e le porcherie (che sono principalmente le salsine). Sono anche finita in pronto soccorso per una gastrite che mi toglieva il respiro - troppe pizze - e son dovuta stare a lungo a dieta. Mi ricordo che mangiando meglio, e meno, stavo fisicamente benissimo. Mi erano spariti i mal di testa, prima così frequenti, e anche un po’ di pancia; mi sentivo più forte. Poi, un po’ alla volta, ho ripreso le vecchie abitudini, pensando che tanto per i mal di testa c’è sempre il brufen. Di recente ho trovato in casa una scatola di bustine di gaviscon, scadute nel marzo del 2019. E ho scoperto che quando stai male prendi una di quelle, sembra ti faccia un tappo nello stomaco, e poi lo puoi riempire un’altra volta senza morire. Ma l’ossessione non è la golosità.
Fare cose magiche (con l'autocertificazione)
- Alice Francato
- Vie d'uscita
- 1303
Nonostante il brutto periodo io e la mia scopa siamo riuscite a fare cose magiche agli occhi dei bambini... abbiamo portato delle calze insolite (il gorgonzola è stato apprezzato più dei dolci, incredibile ma vero!), abbiamo risposto a domande trabocchetto e soprattutto abbiamo volato... com’è possibile??? Ciò che forse a noi adulti può sembrare impossibile per i bimbi è normale!!! Anche quest’anno mi sono divertita più io di loro... ma la cosa più incredibile è che quei sorrisi così spontanei mi hanno ridato speranza in questo periodo così ‘buio’!!!
Pensieri in riva al mare
Pensieri in riva al mare
Son qui, cullato da una brezza leggera, sufficiente per rinfrescarmi ma non abbastanza per compromettere la precaria stabilità dell'ombrellone, piantato sommariamente. Le grida dei bambini mi arrivano sfumate mentre giocano sottovento. Oppure annegano, chissà. Davanti, un cielo di un blu quasi offensivo e un mare turchese, deserto. I "caraibi del Salento" mi dicono, che io ai caraibi non ci sono mai andato, ma se sono così devono essere meravigliosi.
SI TORNA ON-LINE
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Finalmente ritorniamo on-line.
Già, perché questo sito nel 2020 è stato hackerato. Una brutta esperienza che fa riflettere.
Possiamo dire che è stato come quando ti rubato qualcosa. Quella strana e fastidiosa sensazione che si prova quando nei tuoi confronti commettono un’ingiustizia. 
Beh, proprio da quella sensazione nasce l’idea di questo sito. Idea che ha avuto ulteriori sviluppi, come potete leggere nella sezione “il progetto”.
Come preannunciato ai nostri lettori, abbiamo lavorato per ripartire con una veste nuova.
Abbiamo salvato tutte le storie, i racconti di vita e le riflessioni che ci hanno accompagnato dall’inizio, tuttavia verranno conservate in un archivio che non andrà on-line (almeno per il momento). Alcuni articoli, tuttavia, verranno pubblicati nuovamente nei prossimi mesi.
Abbiamo ripristinato tutti i contenuti dell’ultimo anno, pubblicati per lo più grazie alla pagina facebook che ha continuato a funzionare e far sopravvivere temporaneamente in forma diversa, questo luogo virtuale che abbiamo creato.
A coloro che hanno hackerato il sito - sia che lo abbiano fatto intenzionalmente contro la libertà di pensiero, sia che lo abbiamo fatto per un mero scherzo e futili motivi - diciamo a gran voce che siamo tornati, perché: “Mi hanno sepolto, ma quello che non sapevano, è che io sono un seme” (Wangari Maathai ‘Mujer Arbol’, Premio Nobel per la Pace).
Questo sito ha iniziato la sua attività il giorno 10 febbraio 2014, in concomitanza con il ‘giorno del ricordo’, nella ricorrenza del decimo anniversario di questa festività civile di cui (per ironia della sorte, visto il nome) ancora pochi sono a conoscenza. (Per approfondimenti: Padre Flaminio Rocchi, "L'esodo dei 350 mila giuliani fiumani e dalmati", Ed. Difesa Adriatica; www.retecivica.trieste.it).
Ritorniamo on-line il 10 febbraio 2021.
Il sito è dedicato al ricordo di quell’ingiustizia, nella convinzione che nessuna religione, nessuna ideologia, nessun credo politico o religioso possa giustificare la mancanza di rispetto della dignità della persona umana.
In omaggio e per non dimenticare tutte quelle persone, a cui non vogliamo dare 'etichette', connotati dalla sola identità che nessuno potrà mai togliere loro: l'identità di essere umano. Nel ricordo della triste vicenda dell'esodo dalle terre, un tempo sotto la dominazione veneziana, che diventarono territorio straniero dall'oggi al domani, dopo lunghe trattative conseguenti alla seconda guerra mondiale. Il giorno 10 febbraio fu il giorno della firma del trattato di pace di Parigi, nell'anno 1947, quando vennero definitivamente cedute alla ex Jugoslavia l'Istria, Fiume e la Dalmazia.
A loro e a tutte le persone che come loro, ancora oggi, subiscono oltraggi, umiliazioni, sradicamento dai luoghi di origine. 
In onore di tutte quelle persone che hanno subito una lacerazione e una devastazione interiore, di quelli che sono stati trattati come oppositori politici senza che nessuno verificasse se ciò era vero, di quelli che sono stati torturati con crudeltà e lasciati a morire nel terrore, di quelli i cui resti sono in fondo al mare o in fondo a una foiba, di quelli che non sono più tornati dai loro cari, di quelli che non mai più tornati alle loro case. In onore di chi è stato umiliato e apostrofato come appartenente ad un partito senza nemmeno esserlo, di quelli che non sono mai stati bambini, di quei bambini strappati alle loro madri e ai loro padri; in omaggio a tutte queste persone e ai loro discendenti che hanno visto i loro sguardi velati ed hanno percepito il loro dolore e a quelli che hanno pagato tutta la vita le scelte sbagliate di qualcun altro, a tutti quelli che hanno vissuto sulla propria pelle il fatto che nessuna guerra è giusta e che ogni atto di violenza non è altro che un crimine contro l'umanità. Dedicato a tutte queste persone con il cuore ferito che sentono di non aver mai avuto risarcimento né morale né materiale per quello che hanno subito.
La redazione
Buon Duemila21!
Il 2020 è stato un anno difficile, che si è portato via alcune persone importanti, in primis mia Nonna e anche uno zio. Ha cambiato le mie abitudini e il mio modo di vivere alcune cose. Ha tentato di privarmi anche “di altro”, ma senza riuscirci. Ma a modo suo mi ha anche insegnato tanto e lasciato momenti, emozioni e persone speciali. Non so come sarà il nuovo anno che sta per arrivare e forse non dovrei nutrire troppe aspettative. Ma, anche oggi, voglio poter credere in tutto quello che ogni 31 Dicembre, mi aspetto di trovare in un nuovo anno!
Poveri dentro
- Giulia Drioli
- Ingiustizie
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Poveri dentro
È di questi giorni la notizia che alcuni politici lautamente pagati, i quali ogni anno guadagnano, a spese dei cittadini, cifre di tutto riguardo (sicuramente più che sufficienti a colmare eventuali disagi causati dal lockdown), abbiano chiesto e ottenuto il c.d. bonus covid di 600 euro rivolto ai professionisti. Adesso molti accampano le scuse più disparate, tra cui, la più simpatica (e ironica di un commentatore), è che il gatto passeggiava sulla tastiera e ha inviato la richiesta. Lasciatecelo dire perchè il tenore delle scuse è questo. Personalmente, ho sempre detestato i “raccomandati” di turno e questi “furbetti” possono essere tranquillamente classificati allo stesso modo. Quelli che, per interesse personale, scavalcano le altre persone e spesso tradiscono “valori” che evidentemente non condividono nel profondo, facendoli passare in secondo piano.
DISCORSI SEMISERI DI TRE ANIME ERRANTI
Il tema del mese: guardarsi dentro
Quando Ema ci ha proposto questo tema, non pensavo che avrei scritto queste cose. Lui ci ha raccontato una storiella carina su una donna che cerca fuori una cosa che ha perso dentro, e la morale era facile, era scontata e assolutamente condivisibile, la morale era d’accordo con me sul fatto che non ha alcun senso cercare fuori quello che sai di aver perso dentro. A questi temi, trasposti in metafore più o meno calzanti, ho pensato spesso in questi giorni. Oggi però, mentre lavavo i piatti, mi è venuto prepotente il pensiero che dentro di noi in realtà ci sia un abisso, e che se perdiamo qualcosa lì non lo ritroveremo mai; quindi il cercare fuori, anche se si tratta di qualcosa che non troverai, assume un altro significato: di illusione, forse, ma anche, in qualche modo, di salvezza. Finta. Ma conta tanto? Comunque sia, ho lasciato lì i piatti da lavare e ho cercato di mettere i miei deliri sulla carta. Devo dire che non sono certa di aver capito cosa ho scritto, ma mi sono divertita tanto.
Guardarci dentro non fa di noi dei saggi, degli eroi, delle persone profonde. Guardarci dentro fa di noi dei pazzi, qualcuno di cui non ci si dovrebbe fidare. Dovremmo essere onesti, e dirlo fino in fondo.
Guardarci dentro non significa vedere le nostre nostre contraddizioni e le nostre bugie – noi che andiamo a messa e insegniamo ai nostri figli che mentire è peccato, non possiamo essere così stupidi da pensare che sia questo il male peggiore.
Guardarci dentro ci mostra le bugie che non abbiamo il coraggio di dire; ci mostra non quello che siamo davvero ma quello che non siamo diventati, e non so quale sia la differenza, non so nemmeno se una differenza ci sia, dovreste guardarvi dentro per capire davvero. Guardarci dentro significa vedere il marcio; anche se siamo brave persone, sì, perché siamo tutti brave persone, e abbiamo tutti il marcio dentro – solo che non lo vogliamo vedere. Le cose peggiori, quelle difficili da dire, sono ben nascoste in fondo: sotto alle paure, sotto alle piccolezze, sotto alle incongruenze, sotto alla voglia che abbiamo di fare cose sbagliate e sotto al coraggio che ci manca per farle davvero. Sotto, in fondo a tutto, c’è qualcosa che non capisco – qualcosa di cui aver paura, qualche che per fortuna, forse, non so.
DISCORSI SEMISERI DI TRE ANIME ERRANTI
Storie di convivenza con il Covid-19
FA MALE NON POTERSI ABBRACCIARE
Qualche notte fa ho sognato una spiaggia bellissima, ero col mio moroso e un amico e alle otto di mattina – perché noi ci svegliamo presto – avevamo già steso l’asciugamano sui sassolini, e si stava benissimo, non c’era nessuno, la temperatura era perfetta, i sassi non pungevano. Alle dieci mi sono alzata per fare un bagno e la spiaggia si era riempita, ma per fortuna il mare era ancora vuoto. Quando sono arrivata a bagnarmi i piedi, all’improvviso due bambini – avranno avuto quattro o cinque anni, erano alti uguali e fisicamente indistinguibili – mi si sono attaccati al collo per giocare con me in mezzo al mare. La sensazione è stata terribile: li avrei voluti tenere stretti e li avrei fatti divertire tantissimo con le onde. Ma avevo paura che mi contagiassero. Cercavo in tutti i modi di farli scendere dalla mia schiena. Tenevo la testa bassa perché la mia bocca non si avvicinasse al loro viso. Loro stringevano forte, e pesavano troppo sul mio collo, mi sembrava di non farcela. Cercavo di non cadere, di non soffocare e di nascondermi, perché il mio amico dalla spiaggia sembrava vedermi e additarmi come infetta. Avevo la sensazione che quei bambini sarebbero stati la mia rovina, perché dopo essere stata in contatto con loro nessuno mai avrebbe creduto al mio stato di salute, e sarei finita isolata. Il sogno non è finito; mi sono, semplicemente, svegliata.
DISCORSI SEMISERI DI TRE ANIME ERRANTI
Tema del mese: Nati senza telefonino
Primi anni ‘90. Conosco a una festa un ragazzo molto carino: si chiama Simone e frequenta la scuola dei miei fratelli, a loro lui non piace, a me sì; mi sembra l’inizio perfetto per una bellissima storia d’amore. Dopo esserci visti un paio di volte a casa di amici, Simone mi da appuntamento in centro, davanti a Ricordi. Era una mattina di luglio, niente scuola; il paesino dove abito non offre niente, e sono felice di andare in città. Mi ricordo che i primi cinque minuti li ho passati a guardarmi intorno, emozionata; anche i successivi cinque. Dopo il quarto d’ora di ritardo mi sentivo un po’ delusa, ma ancora talmente emozionata che ho speso 20.000 lire (ventimila lire! Come facevo ad avere quella somma con me, era stranissimo!) per due profumi (profumi!) da uomo (da uomo!) che vendeva un ex carcerato. Tipico di me fare queste spese inutili. Ma pensavo che se fossi stata gentile magari Simone sarebbe arrivato, per una sorta di giustizia karmica. Dopo mezz’ora mi sono decisa ad alzarmi dalla panchina dove ero ormai spiaggiata, volevo sgranchirmi le gambe – senza allontanarmi troppo, naturalmente. Simone aveva il mio numero di telefono di casa, ma io il suo non l’avevo. E poi non avrei potuto chiamarlo a casa, non l’avrei trovato, lui stava vedendo in centro da me. L’ho aspettato un’ora, ma forse anche un’ora e mezza; non era previsto che lui non sarebbe venuto. Quando sono dovuta tornare a casa – ero con gli zii che mi davano un passaggio – quasi volevo lasciargli un bigliettino sulla panchina: scusami se non ho aspettato abbastanza (e sì, ero malata, ma questo è un racconto sui cellulari, non sulle mie turbe psichiche). Gli zii non sapevano del mio appuntamento e io in macchina non avevo detto niente. Arrivati a casa – ero ospite da loro per qualche giorno – mio cugino mi aveva detto: finalmente sei tornata, è tutta stamattina che Simone ti cerca. Qualcosa deve essere andato storto anche in seguito, non me lo ricordo bene, ma la mia storia d’amore con Simone era finita prima ancora di cominciare. Il senso di questa storia è che se fosse successo dieci anni più tardi avrei preso il cellulare dopo i primi tre minuti per chiedere: dove sei?, e tutto sarebbe andato diversamente. Mica per forza meglio; ma chissà.
 
             
  













