DISCORSI SEMISERI DI TRE ANIME ERRANTI
Il tema del mese: Noi e il cibo
Il panino perfetto
Attenzione: nessun panino è stato maltrattato per scrivere questo pezzo.
Il cibo è la mia ossessione. Combatto i momenti difficili a suon di: ingredienti del panino perfetto (non a suon di ricette: io mangio, non cucino). Se la notte non riesco a dormire, anziché contare le pecore conto gli strati dei tramezzini; se sono annoiata, impaurita, angosciata, mi immagino come condire la pasta, che ricetta inventare, cosa comprare di buono – non è che funziona sempre, eh; ma intanto mi piace, e non costa niente. Mangiare mi piace, mi appaga. Non lo nascondo, e non lo nascono i miei chili di troppo. Mi piacciono soprattutto le cose che fanno ingrassare, i carboidrati e le porcherie (che sono principalmente le salsine). Sono anche finita in pronto soccorso per una gastrite che mi toglieva il respiro - troppe pizze - e son dovuta stare a lungo a dieta. Mi ricordo che mangiando meglio, e meno, stavo fisicamente benissimo. Mi erano spariti i mal di testa, prima così frequenti, e anche un po’ di pancia; mi sentivo più forte. Poi, un po’ alla volta, ho ripreso le vecchie abitudini, pensando che tanto per i mal di testa c’è sempre il brufen. Di recente ho trovato in casa una scatola di bustine di gaviscon, scadute nel marzo del 2019. E ho scoperto che quando stai male prendi una di quelle, sembra ti faccia un tappo nello stomaco, e poi lo puoi riempire un’altra volta senza morire. Ma l’ossessione non è la golosità. L’ossessione è comprare i tramezzini, quelli schifosi del supermercato, mangiarli in macchina tornando dalla spesa e poi nascondere la confezione in fondo al bidone della plastica – e poi cenare anche se non hai fame, per non destare sospetti. Ossessione è aggiungere provola a fette, senape e peperoni in agrodolce ai calzoncini alle verdure del discount, scaldare al microonde e buttar giù tutto bevendo cioccolata calda. Ossessione è alzarsi alle tre di notte e mangiare la pasta avanzata dalla cena, fredda da frigo, direttamente dalla pentola, direttamente con le mani. Ossessione è mangiare tanto, troppo, sapendo che mi fa male, stando male e ricominciando da capo ogni volta. Ossessione è mentire per niente, saltare un pasto e mangiare per quattro al pasto successivo, è vergognarmi del mio corpo e consolarmi col cibo. Io devo riempire dei vuoti, li riempio con cibo; ossessione è quando sai che stai proprio facendo una cazzata ma non puoi dirlo, nemmeno a te stessa, perché hai la bocca piena. La mia ossessione è il cibo perché ho così paura di mostrare le mie debolezze che mi sono inventata un’ossessione che tutti conoscono, tutti capiscono, e tutti sanno risolvere. Così mi dicono di rinunciare alle porcherie, di muovermi di più, mi dicono che cento grammi di pasta sono troppi (cento cosa?) e che invecchiando devo stare attenta anche alla salute. Io dico sì sì, hai ragione, però mi viene un po’ di nervoso e allora mi faccio un panino.
Elena
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Fame atavica
«Buoni questi Greci!» (Polifemo)
Ho sempre nutrito una certa diffidenza verso chi nutre scarsa passione per nutrirsi: razzisti alimentari, alcofobici, tifosi tiepidi del cibo, fedeli poco praticanti di Bacco e Ciacco; oppure quelli che, semplicemente, non sanno mai cosa ordinare quando vai in un locale con loro – non perché indecisi (come sarei io) tra le troppe scelte, bensì perché non allettati. Qualcuno diceva che nel cibo, come nel sesso, ci vorrebbe un certo temerario abbandono. Aggiungerei: almeno nel cibo, di cui, in genere, c’è disponibilità più immediata. L’aspetto enogastronomico della vita è spesso interconnesso con quello sociale. Per questo, in seguito alle chiusure di bar e ristoranti cui abbiamo assistito nell’ultimo anno, ho provato amarezza, non soltanto per i gestori, ma anche per i milioni di relazioni sociali abbattute a colpi di mazza, come se neanche contassero, soltanto perché avvenivano in luoghi “futili” in cui “ci si diverte” mentre, da qualche altra parte, “c’è gente che muore”. Con ciò non intendo dire che dovessero restare scriteriatamente aperti, ma soltanto attirare l’attenzione sul fatto che il cibo è molto più che un mero nutrimento del corpo. Ricordo, a tal proposito, una mia cena di alcuni anni fa. Al termine di una grigia, uggiosa settimana di lavoro pendolare in Veneto, ero sceso in Toscana un venerdì pomeriggio in auto, in Val di Chiana. Mi ero dato appuntamento con una cara amica in un ristorantino dall’atmosfera calda e grassa. Insieme ci tuffammo in una conversazione piacevole, senza filtri, affondando i denti con sublime abbandono in una spessa bistecca (media cottura io, rigorosamente al sangue lei, che col sangue aveva confidenza, in quanto veterinaria) e innaffiandola con diversi calici di Brunello di Montalcino. Forse, avremmo potuto conversare altrettanto amabilmente seduti su un marciapiede della zona industriale di Marghera, in mezzo alla nebbia, sgranocchiando crackers e bevendo acqua da una bottiglietta di plastica. Ma questo io non credo. Mi rendo conto che, talvolta, non sono in grado di sintonizzarmi sulla lunghezza d’onda di certe persone. Concetti del tipo «questa pizza non riesco a digerirla» oppure «ho troppi pensieri, non ho appetito» non mi appartengono. Io digerisco qualsiasi cosa, sempre. Se la donna mi lascia, mi avvento sul cibo e sull’alcool; se sono innamorato, mi ci avvento insieme a lei. Molti sono stupiti dalla mia voracità e dal fatto che resto in forma. In effetti, adoro praticare sport: mountain bike, nuoto, trekking. Anche perché, quando mangi per fame, come dopo un’intensa attività fisica, il piacere è moltiplicato. Ebbene, sì: a volte faccio sport anche per questo. un’escursione sui colli con gli amici mi riempie di gioia, la quale, però, è davvero completa soltanto dopo una sosta in pasticceria, o in enoteca. Amo le cose dolci prima di mezzogiorno, poi quelle salate. Vino dopo le dodici, cocktail dopo le diciassette, superalcolici dopo le ventuno. Ma non ho problemi ad accettare deroghe, e i miei amici sanno quanto sia facile convincermi in tal senso. Immagino di avere diversi buchi psichici da riempire, e il cibo è un rimedio facile, come lo è anche l’alcool. Forse, tra tutte le dipendenze, quella da cibo riscuote più simpatia, tanto da non sembrare neppure una dipendenza, qui in Italia. Quella dal sesso, ad esempio, non potrebbe essere raccontata con la stessa leggerezza. In America, oltre agli alcolisti anonimi, ci sono anche i sessodipendenti anonimi: rimangono, appunto, anonimi. In Veneto, gli alcolisti non sono affatto anonimi, si riuniscono nei bar per confrontarsi sul loro problema, tra un vino e una grappa. I sessodipendenti, invece, non esistono: sono tutti morti, o emigrati in paesi più comprensivi. Non una fuga di cervelli, bensì… ehmm… Infine, mi chiedo, a volte, dove si collochi di preciso il confine tra passione e dipendenza. Suppongo che diventi dipendenza quando non si può fare a meno di quel cibo, o del vino, o della birra. Poi, mi dico che potrei rinunciarvi in qualsiasi momento. Ma perché dovrei? La vita è troppo breve per non concederci i nostri semplici piaceri preferiti. Certo, potremmo dilazionarli: anche perché un piacere rimandato è ancora più intenso. Ora però devo chiudere: stanno arrivando le pizze. Per l’occasione, ho preso due tra le mie birre preferite: una Mastri Birrai Umbri e una Messina. Alla salute!
Emanuele
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Io e il cibo: due rette parallele che non si incontrano mai (o quasi)
Io e il cibo non andiamo d’accordo. Non siamo mai andati d’accordo. Già, perché avendo dimostrato poca propensione per il cibo fin da quando ero piccola, spesso esso mi veniva “imposto”. I miei genitori erano preoccupati che non mi nutrissi abbastanza o non adeguatamente. E così è andata a finire che - invece di avvicinarmi al cibo come avrebbero voluto - hanno incrementato la mia distanza da esso. Il problema nasce da fatto che la maggior parte dei cibi non mi piacciono. Inutile girarci intorno con eufemismi, è così e basta. Se mangio “per forza” non ho nessuna soddisfazione e lo faccio solo per nutrirmi, sforzandomi. Gli unici cibi da cui sono attratta sono i dolci (e anche lì comunque faccio selezione, ma quelli almeno me li gusto). Quindi, infine, ho realizzato che a me del cibo non importa nulla…tutto qua. La cosa che mi piace, però è fare torte, biscotti e ho perfino imparato a preparare le meringhe (non è da tutti!). Mi piace realizzare qualcosa di bello (oltre che buono) partendo dalla semplice mescolanza di più ingredienti. Il segreto per una buona riuscita è tutta una questione di dosi, di attrezzi, uso corretto del forno e piccoli accorgimenti che impari da altri o, più raramente, scopri da solo sperimentando. Questo mi piace anche perché ci trovo qualcosa di artistico. Ultima cosa che posso dire del mio rapporto con il cibo è che il pasto che preferisco è la colazione, ovviamente colazione all’italiana con cappuccino e qualcosa di dolce: è così che mi piace cominciare la giornata.
Giulia
 
             
  



