Un amore incondizionato
Un amore incondizionato
All’inizio volevo pubblicare questa foto così com’era, lasciando ad una libera interpretazione, ma non la si può capire immediatamente e dietro c’è una storia molto bella che merita di essere raccontata. Si tratta di due bambini: l’uno tiene il ghiaccio sulla fronte della compagna di giochi che si è appena fatta male. Sono rimasta colpita dalla tenerezza e dall’amore che esprime questo gesto in tutta la sua complessa semplicità. Trovo giusto usare questo ossimoro: complessa perché racchiude in sè una serie infinita di emozioni e sentimenti. Allo stesso tempo semplice perché i bambini seguono una logica cristallina e pura. Ulteriore dettaglio è il seguente e anche questo lo trovo stupendo e dolce: la bambina ha chiesto che il bambino le tenesse il ghiaccio. E lui ha risposto senza dire nulla con questo gesto di un amore puro e incondizionato, genuino e gratuito. Semplicemente lo ha fatto: ha agito e basta, senza lamentarsi, senza fare commenti, senza farsi domande né cercare risposte e, quindi, con un amore innato e spontaneo che solo i bambini conoscono (almeno finche il braccio non pesava troppo e il ghiaccio diventava davvero troppo freddo!).
DISCORSI SEMISERI DI TRE ANIME ERRANTI
DISCORSI SEMISERI DI TRE ANIME ERRANTI - edizione anticipata sulla pagina fb di “www.ingiustiziequotidiane.it” in attesa del ripristino del sito
- Tema del mese: Covid-19 (COronaVIrus Disease 19)
Carognavirus
Ho scritto questo pezzo il 12 marzo, lo preciso perché sono passate tre settimane e sembra una vita fa; alcune cose le dovrei modificare - nel frattempo ho fatto la spesa, e sono in cassa integrazione - ma ho deciso di lasciarle, perché è giusto ricordare. Non so se saremo davvero migliori una volta passato tutto questo, ma provarci significa innanzi tutto non dimenticare. Parlare di covid-19, adesso, non è semplice. Perché ne parlano tutti e sembra impossibile dire qualcosa di significativo, perché le notizie cambiano di ora in ora, i numeri cambiano di ora in ora, i decreti anche – e sembra impossibile anche dire qualcosa di aggiornato. Io non sono un medico, ho studiato filosofia e la mia arte sono le seghe mentali: mi interessano le persone, quello che hanno dentro e che nessuna tac o risonanza può mostrare. E devo dire che in questo periodo sono molto confusa, e spaventata – dal virus, dall’ignoranza, ma sopratutto dall’arroganza. Quello che faccio, quando sono confusa e spaventata, è cercare dei punti fermi che mi possano illuminare in qualche modo il cammino; non sono i miei punti d’arrivo, non necessariamente, ma mi aiutano. Così sto cercando di fare anche ora, mi soffermo sulle cose importanti anziché perdermi nell’ansia – cioè, almeno ci provo, con risultati alterni in realtà. Ma concentriamoci sul positivo. Ho imparato per esempio che “42” non è più la risposta; la risposta ora è: lavarsi le mani. Qualunque sia la domanda. Il giornalista chiede: ma le mascherine servono? Il medico risponde: lavarsi le mani. Il giornalista chiede: i trasporti funzioneranno? Il politico risponde: lavarsi le mani. Il lavoratore chiede: mi è garantita la sicurezza? Il datore di lavoro risponde: lavarsi le mani. A me questa risposta piace, mi ricorda tanto mia mamma che gridava: è pronto, lavarsi le mani! in tempi in cui nessuno ancora lo diceva. Ho imparato anche quali sono le cose davvero importanti. I servizi essenziali, come dicono nei decreti: ospedali, farmacie, supermercati, call center. Magari se le cose dovessero peggiorare decideranno di restringere ulteriormente il campo, magari finiranno per chiudere anche i supermercati – dio non voglia, ho solo sette kg di pasta in dispensa; ma stiamo tranquilli, che i call center ci saranno sempre (questo lo dico, chi mi conosce lo sa, non da vittima bensì da protagonista; ma sono molto arrabbiata e sto finendo di contare fino a dieci milioni prima di parlarne). Ho imparato che tutti amano il teatro, questa è una cosa che proprio non sospettavo; sono tutti disperati che non si possa andare a teatro.
COVID - Riflessioni
- Sonia Facino
- Riflessioni
- 1024
COVID-Riflessioni
Non mi sono mai espressa in maniera polemica sulla questione Covid, (a parte un pó all’inizio presa anch’io dal motto #staiacasa), né ho supportato teorie complottistiche negando l’esistenza del virus, non sono tra quelle persone che additavano runner o altro come untori e che si emulavano a sceriffi di quartiere. Dopo più di due mesi però mi permetto di fare alcune riflessioni. Ci hanno rinchiuso in casa, per ovvi e giustificati motivi sanitari, però senza mai riuscire a spiegarci in maniera chiara e coerente cosa stava succedendo, senza riuscire a trasmettere i giusti messaggi per i comportamenti più idonei da seguire, trattando tutti indistintamente come una massa di pecoroni! Le uniche cose che per mesi mi hanno riempito il cervello sono state: 1)lavarsi le mani, cosa che ci viene insegnata da bambini 2)il distanziamento sociale, che sarebbe comunque buona norma sempre, soprattutto tra estranei 3)stare a casa, che di per se non era neppure male i primi giorni, ma comunque mandandoci a fare la spesa senza controllo alcuno, come se necessario fosse sinonimo di non pericoloso 4)i bollettini di guerra della protezione civile, ringraziando ogni giorno di non essere toccata in prima persona da ciò che stava succedendo.
L'epidemia fa riflettere: il male interiore
L’epidemia fa riflettere: il male interiore
Si sente dire in questi giorni che l'epidemia fa riflettere le persone sulla loro condizione lavorativa ed affettiva e che porterà cambiamenti negli stili di vita, migliorandoli. In fondo, il Mondo è uscito dalla Prima Guerra Mondiale e dalla Seconda, e la società in cui viviamo ne avrebbe dovuto portare, e ne dovrebbe ancora portare, un contributo in termini di saggezza e di miglioramento della vita: eppure non è stato così, molto probabilmente. Io penso che una parte degli uomini e delle donne, forse la maggiore, soffra di un male interiore di cui i sofferenti non conoscono le vere cause. Portare l'attenzione su un problema esterno, che catalizza la loro attenzione su schermi e altoparlanti domestici, facendoli solidarizzare con i nuovi eroi che salvano vite e facendoli sentire, a loro modo, anch'essi dei piccoli eroi, stando a casa, abbia un effetto positivo sull'umore di questi uomini e donne, che non sanno spiegare le cause della loro angoscia, più che avere su di loro un effetto negativo. Non è detto però che la causa dell'angoscia siano i ritmi troppo veloci del lavoro o la vita sentimentale insoddisfacente, che lo stare a casa ha evidenziato. Io penso che molte persone portino un carico d'angoscia cui non sanno dare un nome.
DISCORSI SEMISERI DI TRE ANIME ERRANTI
Buon Natale
ai nostri lettori
augurandovi di aver ricevuto
un regalo utile...utile
è un sorriso quando ne hai bisogno,
è un abbraccio nel momento della prova,
è la tenerezza che ti avvolge quando sei con chi ti vuole bene,
è la dolcezza di un augurio inaspettato,
e l’andare oltre quando è la cosa giusta,
è il pensare fuori dagli schemi se la società diventa solo una gabbia,
è il perdonare chi ti fa un torto,
è il non reagire con violenza alla violenza, ma trovare alternative,
è il non arrendersi quando ci credi veramente
è il continuare a indignarsi contro le ingiustizie,
è il continuare a sognare ogni giorno,
è un gesto d’amore gratuito e prezioso
come quello che si ricorda nella Notte Santa.
Elena, Emanuele, Giulia
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Tema del mese: Covid19 2.0 -prima della fase2
Quarantena, giorno n + 1. Non guardo più i telegiornali, leggo ogni tanto un articolo suggerito da qualcuno che stimo. Ho perfino sbagliato a dare la mia mail personale al lavoro, e così per un pezzo sono stata tagliata fuori da qualsiasi comunicazione e aggiornamento. Quando mi capita di sentire qualche notizia, scopro che non è cambiato niente: ti danno i numeri di morti-contagiati-ricoverati-terapia intensiva-a casa-in casa di riposo-guariti e non so cos’altro… una sfilza di numeri che significano vita e morte e che riferiti in questo modo non hanno alcun significato, sembrano numeri del lotto a troppe cifre. Per fortuna la mia bacheca Facebook pullula di notizie date con garbo e intelligenza, molto più – sia dell’uno che dell’altra – del tg nazionale; le persone esprimono le loro paure, i loro dubbi, la loro rabbia. Ho appreso da Facebook della morte di Sepulveda, e ho apprezzato la dolcezza con cui gli amici ne parlavano. Ho tanto riso alle battute su chi gli aveva riconosciuto libri non suoi; poi ho anche riflettuto, grazie a chi diceva: ma insomma, voi non sbagliate mai? E però alla fine era più divertente la presa in giro; io sbaglio, ma non finisco in tv e nemmeno sui giornali. Tutto questo c’entra con il virus, e anche no; ma c’entra: perché tutto, ormai, c’entra con il virus. Mio fratello in terra straniera lo rivedrò forse l’anno prossimo; Mikael, che compirà due anni ad agosto, lo vedo crescere via skype. E il bambino in pancia? Anche i nipoti vicini li vedo solo in foto, sulla stradina di casa con la bici e la mascherina. Altri, più grandi, li vedo sofferenti come animali in gabbia, scappano per i campi in cerca di incontri clandestini che diano conforto alle loro inquietudini. Sono tutti specchi. Siamo tutti specchi. Mi preoccupa la fase due perché non sono sicura di quello che troverò fuori.
DISCORSI SEMISERI DI TRE ANIME ERRANTI
DISCORSI SEMISERI DI TRA ANIME ERRANTI
Il tema del mese: “Gli sforzi dell’ordine”
Non sono un’appassionata di divise. Mi incutono timore, non sicurezza. Mi fa paura pensare che possano usare la forza pur senza averne il diritto, che possano impormi qualunque cosa sfruttando la mia ignoranza o la mia debolezza. Questo da sempre, da prima di Genova, da prima di Cucchi, e senza aver mai avuto esperienze personali negative. È strano anche perché sono in genere piuttosto ottimista, ma tutta questa stima e questa fiducia nelle forze dell’ordine, non so, non ce l’ho. 
La prima volta che mi han fermato in macchina ero in vacanza in Sicilia, e stavo guidando io; in una settimana è successo forse quindici volte, alla fine mi fermavo da sola, appena vedevo polizia o carabinieri; accostavo, mostravo i documenti, e poi chiedevo informazioni stradali. Era diventata un’abitudine anche piacevole e non mi faceva più paura, non ho mai avuto problemi di alcun tipo. Sono passati vent’anni e non sono più stata fermata, eppure se vedo una macchina blu a lato, e un tipo con la paletta rossa, il cuore mi batte sempre forte e trattengo il fiato finché non passo oltre. 
La prima vera esperienza deludente è stata qualche anno fa, in occasione di un incidente in macchina. Noi facevamo i trenta all’ora in una strada buia, stretta e ghiacciata; il ragazzo che arrivava dalla parte opposta faceva qualcosa di più dei trenta all’ora e quando dalla curva è arrivato direttamente addosso a noi la nostra macchinina si è fermata, di botto, col muso accartocciato – l’altra macchina, grossa, non era affatto accartocciata, e lui è subito ripartito e con la scusa di liberare la strada si è spostato di duecento metri. Voleva tornarsene a casa a chiamare il papà, mi ha detto, ma non preoccuparti, è colpa mia, ho invaso la vostra corsia, non ho intenzione di scappare, davvero. A casa naturalmente non gli ho permesso di tornare, ma dopo aver chiamato il papà la versione era: forse è colpa un po’ di tutti e due, e quando il papà era arrivato la colpa era tutta nostra. Abbiamo chiamato il 112 perché le cose si stavano mettendo in modo non eccessivamente amichevole. Mi ricordo che abbiamo aspettato tanto e che faceva tanto freddo, e che quando sono arrivati i carabinieri uno dei due ha detto: siete fortunati che non correva neanche tanto, se no invece che qua adesso eravate su per il monte. A lui, al ragazzino con macchinone, niente. A noi che siamo stati fortunati perché invece che moltissimo il tipo correva solo un po’. Qualche giorno dopo, quando ho chiamato chiedendo un verbale che all’avvocato serviva per l’assicurazione, mi hanno risposto in maniera piuttosto sgarbata che non avevano fatto alcun verbale e che erano usciti solo per farci un piacere. Un piacere.
Un piacere.
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Il tema del mese: Errori
Io e gli errori
Se dobbiamo parlare di errori, mi sa che siamo tutti degli esperti. Diffiderei di chi non sbaglia, o crede di non sbagliare. E che noia dev’essere, poi, una vita fatta di perfezioni. 
Ma voi ne conoscete qualcuno? Cioè, qualcuno che non sbaglia mai, lo conoscete? A parte l’immancabile moglie/marito/amante/fratello/collega/capo che si pone come infallibile. E lì di solito si tace per sfinimento, perché se uno è convinto è convinto eh, discutere ti porta alla morte. 
Quindi, diamo per assodato che tutti noi sbagliamo. I più carini dicono che solo chi fa può sbagliare, e fin qui son d’accordo. A criticare gli altri con capaci tutti, ma hanno più tempo quelli che si ritrovano senza nulla da fare, perché per non sbagliare non ci provano neanche. 
Dunque, torniamo al punto di partenza: sbagliamo tutti. La cosa interessante degli errori è quello che ci insegnano. Se impariamo qualcosa, allora ne è valsa la pena; se impariamo, o se ci divertiamo – però dobbiamo divertirci tanto, soprattutto se il nostro errore coinvolge altre persone (qui, va beh, si entra in un ambito delicato; facciamo che però ci pensiamo un po’ su, ok?).
Esempi. Preparo una torta, la prima volta mi esce bruciata. Imparo che il tempo indicato nella ricetta non è corretto applicato al mio forno. Oppure che aveva senso che nella ricetta fosse indicato un tempo di cottura, e andare a fare shopping con il forno ancora acceso non era proprio l’idea migliore.
Se la volta successiva provo di nuovo a fare la torta e non mi si brucia – o meglio, stiamo larghi: magari mi si brucia ancora, ma non per gli stessi motivi - allora vuol dire che ho imparato dai miei errori, e questa è una cosa molto saggia. Se mentre la torta in forno bruciava ho comprato delle bellissime scarpe, allora in qualche modo potrebbe andare bene lo stesso; ma in effetti, se ci pensi bene, non c’è alcun motivo per accendere il forno prima di uscire.
Imparare dai nostri errori è il modo che abbiamo per crescere, per diventare persone migliori, per non invecchiare inutilmente. Naturalmente non si tratta solo di torte, lì ho risolto da anni con le pasticcerie.
Cerchiamo dentro di noi quello che davvero è importante per noi
- Sonia Facino
- Riflessioni
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Cerchiamo dentro di noi quello che davvero è importante per noi
Ormai da due mesi non facciamo altro che parlare di coronavirus e quarantena, concentrando l’attenzione su tutto ciò che ci è stato portato via, sulle privazioni, sulla paura, sulle preoccupazioni del domani, sulla polemica e la rabbia, sulle ipotesi di come doveva essere gestito e sulle ipotesi di come cambierà la nostra vita domani! Fermiamoci un attimo a riflettere sull’opportunità che questa cosa ci da! Di essere diversi, di riprendere in mano la nostra vita e decidere anche quello che potremmo cambiare, non solo per l’imposizione di un futuro lavorativo ed economico incerto e non dimenticando certo la paura della malattia e le persone che purtroppo non ce l’hanno fatta! Non dimenticando che ci siamo sentiti persi e vulnerabili e le nostre emozioni si sono amplificate o smorzate! Ma provando ad accettare qualcosa che non potevamo prevedere e che cambia sicuramente dentro di noi le nostre priorità!
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DISCORSI SEMISERI DI TRE ANIME ERRANTI
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Il tema del mese: Oggetti che ci posseggono
Pensando al tema “oggetti” farei, a istinto, la solita predica. Che gli oggetti non ci fanno felici, che ci riempiono le case ma non i vuoti che abbiamo dentro; che accumuliamo cose inutili al posto delle cose necessarie, perché crediamo sia giusto così - o forse non lo crediamo affatto ma sappiamo fare solo questo.
E farei, come sempre, una predica in cui credo. Ma mi guardo intorno, mentre sto alla scrivania e scrivo al pc, e sono circondata. Di cose inutili. Quaderni, diari, oggetti di cancelleria – inutili nella misura in cui invece di possederne uno, o due, o cinque, ne possiedo cinquantotto. E i libri? Oggetto meraviglioso in assoluto. Ma perché ne ho comprati quindici, nell’ultimo mese, quando ne avevo già altrettanti ancora da leggere?
Ho perfino almeno venti paia di scarpe; magari mi sono state regalate, usato in buono stato, ma, ecco, come direbbe mio nonno: cosa me ne faccio di tutte queste scarpe, se ho soltanto due piedi?
Perché siamo così pieni di cose? Davvero è così banale come sembra, davvero riempiamo i buchi con le uniche cose che riusciamo a trovare? Ed è una cosa tanto orribile, questa, o abbiamo anche il diritto di essere superficiali e di godere del possesso di cose superflue, e dovremmo smettere di essere così preoccupati quando questo accade? 
Avevo letto, nel libricino sul magico potere del riordino, un’idea che con il possesso e l’accumulo di oggetti mi aveva molto rappacificata. Prendi un oggetto tra le mani, e senti se ti fa felice. Se non senti niente, anche se è un regalo lo puoi buttare o, meglio, regalare a tua volta; non c’è niente di sbagliato, perché la sua funzione quest’oggetto l’ha già svolta: ti ha già reso felice.
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Il tema del mese: FRATELLI UNICI - FRATELLI SI NASCE O SI DIVENTA?
Parlare dei miei fratelli non mi è facile; ricordo grandi litigate da bambini, indifferenza, invidie, gelosie; io ero l’unica femmina con due maschi maggiori – il terzo, maschio, è arrivato che già avevo nove anni, ma era malato e questa è tutta una storia a sé. L’amore-odio dell’adolescenza riguardava il nostro rapporto di fratelli come tutte le altre cose, in quel periodo; eravamo, tutto sommato, un bel gruppo.
Da adulti vorrei poter dire che è tutto rimasto immutato, ma non è così. Le vite ti prendono e avere lo stesso sangue non ti garantisce l’amicizia. Però c’è qualcosa. Il senso di famiglia. L’idea che ognuno si fa i fatti suoi ma se io avessi bisogno non ho dubbi, li chiamerei; e non ho dubbi, verrebbero.
Questo senso di famiglia l’ho raccontato in un brano di fantasia, è inventato ma c’è una cosa molto vera, la sensazione che, nonostante tutto, loro non mi perdano mai di vista.
 
             
  














