COVID-Riflessioni
Non mi sono mai espressa in maniera polemica sulla questione Covid, (a parte un pó all’inizio presa anch’io dal motto #staiacasa), né ho supportato teorie complottistiche negando l’esistenza del virus, non sono tra quelle persone che additavano runner o altro come untori e che si emulavano a sceriffi di quartiere. Dopo più di due mesi però mi permetto di fare alcune riflessioni. Ci hanno rinchiuso in casa, per ovvi e giustificati motivi sanitari, però senza mai riuscire a spiegarci in maniera chiara e coerente cosa stava succedendo, senza riuscire a trasmettere i giusti messaggi per i comportamenti più idonei da seguire, trattando tutti indistintamente come una massa di pecoroni! Le uniche cose che per mesi mi hanno riempito il cervello sono state: 1)lavarsi le mani, cosa che ci viene insegnata da bambini 2)il distanziamento sociale, che sarebbe comunque buona norma sempre, soprattutto tra estranei 3)stare a casa, che di per se non era neppure male i primi giorni, ma comunque mandandoci a fare la spesa senza controllo alcuno, come se necessario fosse sinonimo di non pericoloso 4)i bollettini di guerra della protezione civile, ringraziando ogni giorno di non essere toccata in prima persona da ciò che stava succedendo. Hanno deciso per noi cosa fosse necessario e chi potessimo vedere, privandoci degli affetti e della famiglia, ma sempre dandoci la possibilità di muoverci per lavorare, chi fortunatamente ha potuto farlo, e sempre per la necessaria spesa, dove ovviamente incontro 50 estranei, la cassiera, tocco il carrello, gli scaffali, respiro aria viziata dalla mascherina, sudo alle mani con i guanti e mi viene la dermatite. Ovviamente mangiare bisogna, la paura e lo sconforto davanti alla più grande pandemia del nostro secolo, lo possiamo annegare nel cibo visto che non possiamo abbracciare chi amiamo. Tutto il resto ci è stato tolto, giusto, sbagliato, non lo so e non sono nessuno per dirlo e sicuramente io non avrei potuto far di meglio. Penso a ciò che siamo diventati! Timorosi del prossimo, di chiunque, anche di chi conosciamo. Ossessionati dalla possibilità di contagio da coronavirus, paura lecita ovviamente, ma dimenticando che anche la paura ci può far ammalare, incerti sul futuro, solitari e privi di entusiasmo. Qualcuno ha rivoluzionato la sua vita, ha divorziato o deciso di convivere o sposarsi. Alcune persone non sanno più cosa vogliono o lo hanno finalmente capito, dubbi, incertezze, anche entusiasmo in altri casi, chi ha riscoperto la natura, chi ha imparato ad apprezzare le piccole cose. Voglia di cambiar vita, di lasciare il vecchio e tuffarsi nel nuovo, voglia di innamorarsi o voglia di star soli. Ognuno ha avuto molto tempo per pensare, per annoiarsi, per lamentarsi e criticare. Con tutto il dovuto rispetto ai morti, agli ammalati, ai medici, infermieri, con tutto ciò che non so e non ho fortunatamente visto con i miei occhi, consapevole che l’emergenza sanitaria era reale, senza entrare in polemica su i motivi che comunque possono aver mandato in tilt il nostro sistema sanitario, senza parlare di errori che possono essere stati fatti e senza appunto parlare di cose in cui non sono né esperta, né medico, né virologo. Io comunque mi domando se è giusto “un mondo” dove le libertà personali sono state quasi totalmente private, dove l’impatto psicologico sarà devastante e nessuno ne parla, dove qualunque persona si è sentita libera di offendere, spiare ed esprimere giudizi sul concetto di giusto e sbagliato, dove tantissime persone purtroppo sono morte e tanti non riescono neppure a portar rispetto e dove i lavoratori, gli imprenditori e le famiglie sono state dimenticate. Dove si è fatto un gran parlare di manovre economiche, soldi e aiuti concreti e dove scopro,oggi, che la tanto attesa cassa integrazione (di aprile) copre a malapena il 50% del mio stipendio. E nonostante io mi senta comunque fortunata e grata, se la vita è questa, e il mondo è questo.. Fermate tutto e fatemi scendere!
Sonia Facino
 
             
  



