Tema del mese: "Un giorno lo faremo davvero"
Un giorno lo farò davvero
(“Domani, giuro, scrivo” è il podcast del Penelope Story Lab, e trovo che sia un titolo geniale - momento pubblicità: cercatelo, ascoltatelo, cercate la pagina della scuola, fanno un sacco di roba interessante).
Potrei parlare di diete e allenamenti e comportamenti corretti e sani e perfino di viaggi intorno al mondo – ma no, questi forse non li farò mai – e invece parlerò di piccole, piccole cose. Quel che rimando di più, a parte la colazione con i miei amici di Ingiustizie Quotidiane, la colazione ormai è diventata un brunch, un pranzo, un aperitivo, una cena, una settimana all inclusive; quel che rimando di più, son le letture. Mi scrivo su whatsapp, mi invio link a interviste e blog e suggerimenti letterari e indicazioni di concorsi; suggerimenti più o meno colti, della natura più varia. Perché ho la fortuna di ricevere un sacco di stimoli, certe volte anche mille in un giorno (questo il numero dei messaggi della chat degli scrittori); e quelli che mi interessano me li mando nella chat che ho con me stessa. Quasi tutti, in realtà: anche quelli che sono troppo difficili per me, perché ne sento parlare con entusiasmo e l’entusiasmo è contagioso.
Domani scrivo, domani leggo, domani sbrino il freezer, spolvero l’enciclopedia di Montanelli e se mi avanza tempo prendo il cesto dei calzini spaiati e li sistemo tutti.
Io credo moltissimo nelle piccole cose, nei movimenti lenti, credo che i calzini si possano portare anche spaiati e che quando rimandiamo una cosa, una cosa piccola che potremmo benissimo fare e invece non la facciamo, vuol dire semplicemente che non ne abbiamo voglia: e non c’è niente di male se non ne abbiamo voglia. E neanche se ci raccontiamo qualche balla non c’è niente di male, se ci inventiamo scuse o ragioni ridicole, penso che abbiamo il diritto di essere stanchi, pigri, paurosi, scoraggiati. L’importante, a un certo punto, è saperlo: vuoi avere paura tutta la vita, ok, è un tuo diritto, puoi mentire anche per un po’, poi basta, poi ti accetti così come sei, ti serve a non impazzire, a non stare tutto il tempo trattenendo il fiato, ti serve a riconoscerti. E magari, se riesci, se vuoi, se sei abbastanza fortunato, abbastanza forte o abbastanza furbo, non lo so, ti serve a cambiare.
Poi, penso io, la vera furbizia sta nell’avere obiettivi che possiamo realizzare: qualcuno di grande, qualcuno di più piccolo, anche. Un viaggio, un cassetto da riordinare. Se io mi mettessi in testa di fare corsa a livello agonistico, mah; ok, domani vado a correre, ma ci sono limiti oggettivi e pormi un sogno del genere vorrebbe dire solo impormi una frustrazione. Certo, l’asticella si alza, ma di pochi millimetri alla volta, io sono fatta così (infatti non sono una che batterebbe qualche record, mai, e quel che penso davvero è: per fortuna che non sono tutti come me).
Realizzare le cose che abbiamo in mente da tanto, che procrastiniamo, che nascondiamo sotto al letto, realizzarle, a un certo punto, può essere bellissimo. A me è capitato con la laurea, a trent’anni suonati: il giorno più bello della mia vita. Mi è capitato con un viaggio, solo qualche giorno a trovare mio fratello, ma averlo sognato e rimandato a lungo me lo ha reso ancora più speciale.
Capiterà con la colazione coi miei amici della trirubrica: ne parliamo da mesi e da mesi la rimandiamo, perché abbiamo impegni diversi da organizzare e incastrare, e perché sappiamo che, tanto, siamo sempre qua; ma invece sarebbe bello vedersi davvero così almeno loro la smettono di mandarmi foto di cappuccini schiumosi e brioches piene di crema, mi fanno solo venire fame e mi tocca rimandare l’inizio della dieta :)
Elena
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La paura di concludere
Dovendo scrivere un articolo sul tema “cose che rimandiamo”, credo sia piuttosto arduo immaginare di poterlo fare tempestivamente.
C’è qualcosa di fastidioso nel guardarsi dentro, scoprire che abbiamo sognato, desiderato, programmato, deciso milioni di cose, e solo poche di queste le abbiamo tradotte in azione.
Un tempo non riuscivo a capire le persone che iniziavano un corso di laurea e poi lasciavano tutto a due esami dalla fine. E nemmeno quelle che non riuscivano a rispettare i turni di pulizie negli appartamenti condivisi, oppure a lavarsi le proprie stoviglie dopo aver mangiato.
Poi, però, dopo aver concluso un interessante corso di Counseling di tre anni, mi mancavano ancora alcuni esami e la tesi: argomenti piacevoli, che mi avevano quasi tutti appassionato. I compagni di corso erano disponibili a passarmi appunti perduti, e gli insegnanti a fissarmi nuovi appelli. Ma io, per circa 4 anni, sono rimasto fermo, a pensare: “sarebbe bello concludere”, e a rimandare il momento in cui mi sarei dato una mossa. Sotto sotto, proprio perché quel corso era una cosa bella, mi dispiaceva concluderlo: e poi?
Idem con la scrittura. Da almeno dieci anni avevo scritto una sorta di romanzo, con la vaga intenzione di pubblicarlo. Dopo decine (centinaia?) di revisioni, dubbi, richieste di consigli ad amici a cui avevo sottoposto le mie bozze… un giorno è stata la mia amica Elena a pormi di fronte a una scelta definitiva. Mi ha detto: “se ci tieni davvero, investi in un corso di scrittura”.
All’epoca, quel corso mi pareva molto costoso, ma ho capito che era la mia unica possibilità di trasformare in realtà quella cosa che era rimasta sospesa nel mondo dei sogni e dei desideri per tanto tempo. Frequentare il corso è stato pazzesco. Paolo, l’insegnante, ha iniziato a parlarci come se le nostre bozze, o idee, o ipotesi, fossero già dei romanzi. Ha preso a inondarci di splendidi esempi letterari, e consigli molto concreti, e pagine di alta lirica, e incipit che erano come pugni in faccia.
Dopo due anni, sono giunto alla fase finale: proporre il mio romanzo a una casa editrice, che l’ha accolto, con mia grande soddisfazione, gioia... e anche apprensione.
Proprio perché è una cosa bella, me la sono coccolata per mesi, e ora è da luglio che sto “potando” il mio romanzo, come l’editore mi ha richiesto. Mi ha scritto: “ci sentiamo a fine estate”, e io ci sto ancora lavorando, innaffiando alcune parti e tagliandone altre. 
Io ho paura della fine. Mi sento smarrito quando concludo qualcosa. Ci sono obiettivi che ho desiderato tantissimo, e che, una volta raggiunti, mi hanno lasciato un senso di vuoto e di smarrimento che, ormai, ho imparato a riconoscere. 
Forse perché noi umani ci nutriamo di sogni e desideri, per questo abbiamo bisogno di averne un po’ nel cassetto: ci danno un senso di bellezza, di gustosità, di “vale proprio la pena di vivere!”.
Intanto, mentre attendo da anni (non da mesi, come qualcuno ha scritto :-) la colazione della Trirubrica, continuo a studiarmi tutti i bar di Padova e della zona colli.
I sogni possono stare bene nel cassetto, ma le brioche alla crema non possono restare separate da me da un divisorio trasparente!
Emanuele
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E un giorno l'ho fatto davvero
Discutendo di una colazione insieme che ci riproponiamo da anni, è venuta fuori questa frase: “un giorno lo faremo davvero”. Così, pensando a quante volte ci si ripete questa fatidica frase riferita a molte altre cose - alcune ben più complesse ed importanti dei nostri cappuccini e brioches - abbiamo deciso di rifletterci un po’.
Partendo da quel pizzico di ottimismo con cui ho deciso di affrontare l’esistenza, inizio a trattare questo tema pensando a tutte quei sogni, progetti, propositi che ho effettivamente realizzato. Il primo che mi viene in mente è questo stesso sito internet, questa sorta di blog o come lo si voglia chiamare, questo mio spazio personale, dove esprimersi liberamente, aperto al dialogo e al confronto. 
A ripensarci, ci sono voluti davvero tanti anni e cambiamenti perché si potesse realizzare (anche se lo sanno in pochi). Ad oggi, ne sono passati otto - e lo ripeto la bellezza di “otto” anni - da quando è in funzione.
Credo sia molto importante avere sempre degli obiettivi e tenere i nostri cassetti pieni di sogni. È un modo per sentirsi “spinti in avanti” e motivati a fare sempre meglio, oltre che per guardare con fiducia al futuro.
Quante volte mi sono ripetuta la frase che ha ispirato questo breve scritto. 
Ripetendola dentro di me, incremento la fiducia che quel proposito si possa realizzare, forse perchè, si sa, a volte si apprezza quasi di più il viaggio che il raggiungimento della meta. Tuttavia, allo stesso tempo, mi sento un po’ in colpa per non averlo ancora realizzato. Quando mi impegno verso un obiettivo, un piccolo sogno, ce la metto tutta e mi faccio prendere dall’entusiasmo cercando di trasmetterlo agli altri, ma se questi ultimi non comprendono e mi "spengono" ci resto davvero male e ci vuole qualche giorno per riprendermi, per raccogliere ancora una volta tutte le mie forze e rialzarmi.
Sono una persona decisamente lenta in tutto, ma anche paziente e, quando mi prefiggo un obiettivo sono caparbia e tenace e, pur prendendomi tutto il “mio” tempo quasi sempre “vado a meta” dovessero volerci vent’anni. Per i grandi ideali e i sogni più grandi la mia prospettiva è da qui all'eternità, tutto il resto lo vivo giorno per giorno.
Quando ti rendi conto che stai per l’ennesima volta rimandando, capita di domandarsi se si tratta di una cosa veramente importante oppure se, a malincuore, stai ammettendo che non sono alla tua portata le condizioni per raggiungere quell’obiettivo.
Ci sono cose che devono semplicemente maturare e, altre che devi davvero volere, altre ancora che, ahimè, sono quasi impossibili. Lascio il “quasi” perché quella punta di ottimismo iniziale non voglio che mi lasci mai e - come si suol dire - se ci credi davvero, nulla è davvero impossibile.
Giulia
 
             
  




