Tema del mese: "Strappare lungo i bordi" di Zerocalcare
Ho visto Strappare lungo i bordi due volte
Ho visto Strappare lungo i bordi due volte, la seconda finita poco fa, perché doverne scrivere mi metteva un po’ in difficoltà e volevo essere sicura di avere qualcosa di intelligente da dire. Così mi sono messa con carta e penna a prendere appunti, non proprio in preda ad ansia da prestazione, forse più a qualcosa che assomiglia a un timore reverenziale. Non penso che Zerocalcare sia un genio del quale non devo permettermi di parlare, no, il discorso è molto più semplice: il fatto è che io le recensioni non le so fare. Ma va beh, che ve lo dico a fare, ve ne accorgerete pure voi.
La serie parla di mille cose, di sensi di colpa, di gelati, di responsabilità sociale, di come si cambia una ruota, di timidezza, lavoro, amicizia, parla di un ragazzino che non capisce un cazzo di matematica, che poi cresce e diventa un adulto che non capisce un cazzo della vita; e come sia umanamente possibile non identificarsi col protagonista, a me non è dato sapere.
A me è piaciuta tantissimo. Ecco, io questo devo dire, e poi posso smettere di scrivere. L’ho trovata emozionante, divertente anche nei momenti meno originali, intelligente, profonda, coinvolgente. Amo il modo in cui Zerocalcare mostra le cose dal punto di vista del protagonista, e le presenta come fossero assolute, perché è così che il protagonista le vede. A smantellare certezze e paure poi non basta la coscienza, non basta l’amica Sara, non bastano i genitori di Alice; ma intanto questi inseriscono punti di vista altri, creano dubbi, offrono appigli.
Non a tutti questa serie è piaciuta. Per alcuni, non aggiunge nulla di nuovo a quanto Zerocalcare ha già prodotto fino a ora, come a dire: in dieci anni ha detto tutto quello che doveva dire, e adesso inizia a ripetersi.
Altri non hanno apprezzato come è stato trattato il tema della violenza sulle donne: vado, lo meno, se ho paura lo meno più tardi, intanto a lei tendo una mano, ma non voglio mica saperne niente, eh. Mah. Sono tanti i temi toccati, e sono temi delicati, enormi; ci sta, che non convincano tutti. 
Io devo onestamente ringraziare l’autore per quanto ha fatto. Conosco pochissimo i suoi libri, so che ha venduto oltre un milione di copie; ma grazie a Rebibbia quarantine ho iniziato ad apprezzarlo, e per me può ripetersi quanto vuole. Chi è stufo di sentirlo si può rivolgere altrove, no?
Io ho visto tutta la serie come un’ammissione di fallibilità, un tentativo di perdonarsi e di imparare a non prendersi troppo sul serio, la voglia di volersi bene, una scusa per andarsi a mangiare un gelato.
Insomma: vi consiglio tanto di guardarla, se non l’avete già fatto. Nessuna recensione, neanche questa mia, vi toglierà il piacere della visione.
Elena
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Strappare lungo i bordi - Zerocalcare
SPOILER ALERT
(n.d.r.)
Zero è un ragazzo romano che, come molti suoi coetanei, crede che esistano delle scelte ben precise che gli permetteranno di essere felice. La vita, insomma, è come una figurina da ritagliare lungo le linee tratteggiate: se fai così, tutto andrà per il verso giusto.
È quasi superfluo dire che, invece, quasi nulla andrà per il verso giusto. La vita di Zero inizia ben presto a deragliare dai contorni previsti. In questo, però, non è solo. Ha degli amici, delle amiche, e un Armadillo parlante: la voce della sua coscienza.
Un percorso di deriva analogo al suo sembra essere quello di Alice, una ragazza che a Zero era piaciuta fin da subito, ma con la quale aveva finito per diventare amico. Né lui né lei riescono a trovarsi il lavoro della vita, e nemmeno l’amore della vita. Diventano confidenti. Alice è dolce e sensibile, Zero è casinaro, divertente, sensibile e non capisce quello che è ormai sotto gli occhi di tutti: anche Alice è innamorata di lui.
Quando, però, lei interrompe una relazione con un uomo brutale, e torna finalmente single, Zero rimane interdetto. Lei piange tra le sue braccia, e solo allora lui sembra accorgersi che, forse, tra loro potrebbe nascere una storia d’amore. La differenza tra amicizia e amore è di pochi centimetri, quelli che separano le loro labbra nel momento in cui lui non ha il coraggio di baciarla. 
Questa è, a mio avviso, la parte più interessante di una serie di per sé divertente, profonda, che non scade mai nella banalità.
Non importa quante volte la vita possa fuoriuscire dai bordi, dalla strada “giusta” o “migliore”: ci sono decisioni che vanno prese, colte al volo. Questa era una di quelle. Zero forse non ha il coraggio, o teme di non essere all’altezza. Eppure, Alice è stata con un uomo della peggior specie, proprio perché lui non si decideva. In seguito, cambia città, in cerca di fortuna al nord, solo che, alla fine di una profonda depressione, sceglie di suicidarsi. 
Zero si sente responsabile, si condanna al pari di un assassino, ed è la sua amica del cuore a confortarlo, riportandolo coi piedi per terra: sei davvero presuntuoso se pensi che lei si sia suicidata per te. Però, certo, potevi almeno provarci.
Eh sì, ognuno di noi potrebbe almeno provarci. A diventare un partner migliore, un amico migliore, un insegnante migliore, un padre o una madre migliori. A dare, insomma, il meglio di sé tutte le volte che può, a scendere in campo, prima che lo faccia qualcun altro: se le persone intelligenti e sensibili rinunciano a entrare in gioco, allora entreranno gli stronzi. Questo sembra dire la serie TV, in modo certo più carino di come l’ho enunciato io ora. Zero non può essere responsabile per la morte di quella ragazza, né per il fatto che lei si fosse messa insieme a un uomo violento. Però, non saprà mai come avrebbe potuto trasformare la propria e la sua realtà, se solo avesse osato provarci.
Questo, forse, è il rammarico più grande del nostro eroe. Viene raccontato, come ogni cosa in questa serie, con straordinaria delicatezza e umanità. Forse per questo, fa ancora più male.
Il messaggio che resta, nonostante il finale tragico, è positivo. Per me è soprattutto questo: abbi il coraggio di essere te stesso, e di essere grande. Magari peccherai di presunzione, o di arroganza, oppure sbaglierai. Ma tu, intanto, provaci. Se non lo fai, vivrai come un eterno bambino, in eterna attesa delle istruzioni per l’uso, che nessuno può darti. Se, invece, ti butti, sbaglierai un milione di volte, perché sei umano, e la persona più squisitamente umana non è quella perfetta, ma quella che ha sbagliato, e imparato dai propri errori, infinite volte.
Emanuele
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“Strappare lungo i bordi” parla delle persone
“Strappare lungo i bordi” parla delle persone
Quando ho iniziato a guardare la serie “Strappare lungo i bordi” di Zerocalcare ho subito pensato: “è geniale”. Geniale nel contesto delle serie tv più diffuse, soprattutto delle imperversanti serie americane.
Mi ha “colpito e affondato”. 
Sono anche rimasta piacevolmente sorpresa da quanto ne abbiano parlato i social, per lo più con commenti positivi. Penso sia dovuto al fatto che più di qualcuno si è trovato “spiazzato”.
Mi piace molto disegnare e ho apprezzato, innanzitutto, la scelta di una serie “animata”. Attraverso il disegno si può andare più a fondo, rappresentando i propri pensieri e ciò che abbiamo dentro, dare una forma visibile a un concetto astratto, enfatizzare (rappresentandoli ingranditi o in forme simboliche) gli aspetti di cui si vuol sottolineare l’importanza.
Quello che mi ha colpito è che parla delle persone. Parla di come siamo, di come ci sentiamo, ma “per davvero”; non di quell’immagine finta o patinata che propone spesso la tv o che vediamo spesso nei film. Parla di fragilità, di incertezze, di paure e del quotidiano, già, proprio dello “snobbato” quotidiano. Non dell’eroe, o almeno non di quello con i superpoteri; anzi, ci racconta l’anti-eroe, il vero io di tutti i giorni. Quello che deve affrontare difficoltà Persone semplici che hanno dei valori altruistici e che si scontrano costantemente con le contraddizioni della vita. Persone che a volte parlano con la propria coscienza e altre volte riflettono su quello che accade, sulle proprie emozioni e i propri sentimenti. È un po’ uno specchio, sotto certi aspetti. Ci pone di fronte a quegli aspetti della vita che di solito non raccontiamo, che nascondiamo, di cui spesso ci vergogniamo. 
Parla di quel disagio misto a contraddizione, del momento in cui ti guardi dentro perché sai quanto sei piccolo e, allo stesso tempo, anche quanto sei grande, nella misura in cui può essere grande il tuo cuore.
Zerocalcare ha saputo rappresentare tutte le persone di buon cuore, persone sensibili come sono spesso gli artisti, persone che riescono ad avere dei pensieri “alti” anche se immerse nelle banalità, anche se non hanno un lavoro fisso né prestigioso e - sebbene la via tracciata per loro non corrisponda a quella che poi hanno percorso - alla fine, non ne soffrono troppo. Hanno capito che può andare anche così e non c’è nulla di male, purché tu sia in grado di mantenere la tua umanità, tu sia in grado di ascoltarla veramente la tua coscienza senza metterla in un angolo ignorandola.
Mi è piaciuto sicuramente il ritrovare in molte situazioni la mia generazione (anche se, a rigori, non è esattamente la stessa, ma quasi) però poi passa anche dei messaggi universali, trasversali, e quindi è una serie che può essere apprezzata da tutti. Una breve nota sul romanesco: a me è piaciuto molto (meno il linguaggio un po’ volgare, ma è ormai diffuso e in questo caso ci stava); il romanesco ha un che di schietto e quasi ‘puro’ che lo rende simpatico e gradevole e - a differenza di altri dialetti (che poi, è più una “parlata”) - si capisce benissimo.
Chiudo con un’ultima osservazione: mi è piaciuto soprattutto perché più che dare risposte, pone delle domande. Perché non pretende di importi il suo pensiero unilaterale, ma lascia aperta la porta a diverse interpretazioni della vita; “pone”, ma non si impone.
Fa ridere, ma come fanno ridere quelle cose che fanno ridere per non dover far piangere.
Giulia
Giulia
 
             
  



