Ecco il primo racconto fuori concorso.
Proprio da questo racconto nasce l'idea del concorso letterario per racconti di ingiustiziequotidiane.
Si tratta del primo racconto che abbia mai scritto e ringrazio di cuore la mia maestra di scrittura Elena per gli indispensabili aiuti e consigli.
Lo accompagna l'opera: "Pensieri e parole" di Mitch Siamo Cosmo - grattage con stucco e acrilici
PERMESSO DI SOGGIORNO PER VIVERE SULLA TERRA
 
 Susanna è un architetto, ha trentotto anni, un marito, due figli, e - a detta di quelli che la conoscono - è una persona onesta, una di cui fidarsi (a parte per la sua "sindrome da ritardo cronico"). È una di quelle persone che ci mettono il cuore in tutto quello che fanno, anche nel lavoro, anche se lì - in termini economici - non è valso a molto. Ha quel che basta per una vita dignitosa, alla sua famiglia non manca nulla, ma non può certo permettersi velleità. Si dedica anche al volontariato. Potete capire che è una persona molto impegnata, così impegnata che non spende il suo tempo a tenere in ordine l’auto, o meglio, in generale, a tenere in ordine qualsiasi cosa, dalla scrivania al divano. Per lei, quando l’auto fa il suo servizio di portarla in giro non c’è altro di cui interessarsi. Susanna guida un’auto vecchiotta che - se vogliamo dirla tutta - non è nemmeno sua, un’utilitaria senza servo sterzo, senza aria condizionata, con i finestrini che scendono a manovella e che ha ormai superato i vent’anni. Negli ultimi mesi, non l’ha nemmeno portata a lavare (e si vede!). Susanna pensa che tutto può servire, quindi, nel suo bagagliaio potete trovare qualsiasi cosa: fazzoletti, ombrelli, bottiglie d’acqua, disinfettanti, coperte, kit d’emergenza, buste e contenitori di varie forme e misure, tutte le cose utili (o inutili) che possiate immaginare e l’immancabile pallone da basket (la sua passione) perché non si sa mai che capiti di fare una partitella improvvisava o tirare qualche canestro in un campetto di fortuna.
In realtà, lei non si sposta molto in auto avendo la fortuna di avere lo studio vicino a casa; la vedi quasi sempre in bicicletta o, talvolta, a piedi. Ieri, pur controvoglia, essendo sabato, Susanna ha preso l’auto per andare dal benzinaio perché lunedì ha una trasferta di lavoro e, già da qualche giorno, ha finito la benzina.
È così che Susanna viene fermata dalla Polizia Stradale appostata in una rotonda sotto un cavalcavia che si trova proprio a due passi dal distributore. Non li aveva mai trovati lì e inizia a sorgerle qualche dubbio.
Susanna non ha alcun problema a confrontarsi con l’autorità: lei le leggi le rispetta, ci tiene a essere in regola con adempimenti e pagamenti, fa il suo dovere di buon cittadino, anche se odia a morte la burocrazia e gli eccessivi formalismi che ne conseguono. Ha regolarmente pagato l’assicurazione, anche il libretto è posto e ha fatto la revisione. Da questo punto di vista sapeva di non avere problemi. Non solo: quando era giovane, sua sorella se l’era vista brutta in un terribile incidente, per cui - da quella volta - ha capito veramente l’importanza del rispetto del codice della strada (non supera mai i limiti di velocità, si ferma a far passare i pedoni, evita perfino le soste vietate per non creare intralcio, ecc…). Quindi, se ne stava discretamente tranquilla in attesa della fatidica richiesta di patente e libretto. Un briciolo di timore però si fece spazio nella sua mente: quell’auto vecchiotta aveva iniziato a dare i primi segni di cedimento e, da qualche tempo, il finestrino non si abbassava più…proprio quello dalla parte del guidatore per cui le era parsa ‘cosa buona’ non darlo troppo a vedere. Così Susanna, facendo finta di niente, ha aperto la portiera. 
A quel punto il poliziotto l’ha apostrofata: “dove abita?”. 
Cosa? ha pensato tra sé e sé Susanna, ma che razza di domanda è? lei pensava al libretto, all’assicurazione e invece…quella domanda. Lì per lì, non se l’aspettava. Quindi, balbettando un po’ cercando la risposta giusta, bofonchia: “qua dietro, agente” e gesticolando cercava di fargli capire che abitava proprio lì vicino e gli spiega che sta solo andando a fare benzina. Intanto, il poliziotto le chiede di mostrare la patente. A quel punto iniziava a rendersi conto di cosa stava succedendo: cercano i ‘furbetti del Covid’, pensò, quelli che arrivano da fuori comune violando le disposizioni emergenziali ora che siamo in zona arancione.
Susanna cercava la patente nella borsa, una di quelle borse stile Mary-Poppins dove puoi trovare di tutto (anche se, in realtà, puoi avere un po’ di problemi a tirare fuori le cose quando hai fretta e tu non sei la "vera" Mary Poppins con le sue magie). Purtroppo, la patente ‘classica’, quella presa a 18 anni, con quella bella foto dove era venuta benissimo ed era così giovane, gliel’avevano rubata una decina di anni prima durante un viaggio a Firenze ed ora si ritrovava con quella specie di carta fedeltà che ti rifilano adesso.
Il poliziotto la osservava mentre frugava nel portafoglio pieno zeppo di altre carte, scontrini, santini e foto dei figli (denaro? no, quello no, non ne aveva), la guardava dall’alto con uno sguardo che rasentava un misto tra curiosità e sospetto.
A un certo punto - poiché Susanna non aveva ancora estratto la carta fedeltà-patente dal suo portadocumenti assai stretto - il poliziotto le si rivolge dicendo: “ma lei da dove viene?”. 
Leggermente incredula e spiazzata Susanna ha pensato di nuovo: ma che domanda è? poi il poliziotto incalza: “vedo che ha un permesso di soggiorno”. Cosa? ma di che parla questo? pensava tra sé e sé. 
Susanna si sentiva giudicata e vittima di un pregiudizio: solo perché non badava più di tanto alla cura dell’auto e, forse, per il suo modo di vestire stile “jeans e maglietta” di quando non deve andare al lavoro, era stata subito etichettata come extracomunitaria. “Sono di Genova, nata e vissuta a Genova, non ho il permesso di soggiorno”. Pensare che lei da anni non fa un viaggio all’estero e vive ancora nello stesso quartiere dove è nata perché a lei piace così, ci è troppo affezionata e non ha voluto allontanarsi nemmeno dopo il matrimonio.
Il poliziotto, nel frattempo, sparisce con la patente di Susanna dirigendosi verso il collega posizionato con l’auto poco distante. Susanna da un lato è tranquilla: neanche un punto mai tolto dalla sua patente! tuttavia è rimasta un po’ scossa da quanto le è appena successo. Ripensa a quell’irreale dialogo con il poliziotto che sembrava volerla mettere in difficoltà: prima con la questione delle norme anti-covid, poi con quella storia del permesso di soggiorno, quasi che sperasse che di coglierla in fallo per un motivo o per un altro. 
Susanna non le sopporta - a lei proprio non vanno giù - quelle persone che sanno solo “mettere etichette” al primo sguardo. E le veniva in mente quella canzone: “oggi la gente ti giudica per quale immagine hai, vede soltanto le maschere non sa nemmeno chi sei - devi mostrarti invincibile, collezionare trofei…”. Quel poliziotto sembrava proprio avercela con lei - così senza conoscerla per nulla - con lei, lei che non ama le trasgressioni e che cerca sempre di avere buoni rapporti con tutti, ma scherziamo? proprio con lei che non ha nemmeno mai fumato una sigaretta in vita sua! così, senza la minima considerazione per i suoi sentimenti, quelli di chi - almeno ci prova - a essere una persona per bene.
Quando il poliziotto torna verso di lei, questa volta Susanna è pronta e gli dice: “guardi che non era il permesso di soggiorno, forse lei intendeva questo: la mia tessera professionale dell’Ordine degli Architetti” sventolandogliela leggermente sotto al naso, con un po’ di orgoglio misto a soddisfazione (per una sorta di rivincita). Il poliziotto, a cui evidentemente non andava giù di non aver trovato una scusa per farle la multa, le chiede per l’ultima volta: “sì, bene, ma dove ha lo studio?” e Susanna, ormai sicura di sé: “è in Via Manzoni!” (che poi è una via anche quella molto vicina a dove si trovavano e tra le più conosciute della città). Così, il poliziotto, alla fine sospira: “Ah, bene architetto, mi stia bene, vada pure a fare benzina” lasciandola finalmente in pace.
Quel pomeriggio Susanna ha pensato: ma a quale permesso di soggiorno si riferiva? quello per vivere sulla terra? perché io non ce l’ho.
Giulia
 
             
  



