[the lights are on, but nobody’s home]
Negli ultimi due anni, è diventato sempre più frequente incontrare persone simili a involucri che camminano (vanno in bici, guidano), simili ad automi.
Pedoni suicidi, ciclisti scriteriati, automobilisti impazziti. Ma anche, semplicemente: persone con lo sguardo vuoto, spento, oppure con una tensione addosso che ti chiedi come facciamo a tirare avanti. Alcuni depressi, altri pronti a sbranarti (ognuno reagisce a modo suo al disagio).
Mi sono chiesto: dov’è la porta di uscita da questo incubo collettivo?
Ci siamo forse spenti un po’ tutti, e allora che senso ha fingere che vada tutto bene? (Frase adatta ai bambini, slogan usato da milioni di adulti).
Non va tutto bene.
Psicologicamente, siamo a pezzi. Non tutti, forse, ma siamo sopravvissuti a quello che, per vari motivi, ha avuto su di noi un impatto pari a una guerra, una carestia, una bomba nucleare.
In passato, tali eventi potevano forse unire di più le persone, ora no. Adesso la zona di comfort è diventato lo schermo (cellulare, PC, TV), gli altri non siamo noi: gli altri sono degli stronzi. Stronzi pecoroni che obbediscono alle regole, stronzi no vax, e stronzi tutori della legge. Governanti maledetti infami, come sempre.
Credo sia importante fermarsi, uscire dal cinismo imperante e tornare a guardare, ascoltare, sentire.
Nessuno ce l’ha con noi, e nessuno è davvero stronzo (qualcuno magari sì, okay). 
Andiamo in giro con pesanti armature, ed è sempre più faticoso. Non ci servono, ma nessuno vuole toglierle per primo. Nessuno vuole mostrarsi vulnerabile, sentirsi debole, fragile, ma umano.
Eppure bisogna recuperare questa umanità, per tornare ad abitare quella casa vuota, dove le luci sono, talvolta, inutilmente accese.
Emanuele Zeffiro
 
             
  



