Qualcuno, in questo mondo ormai uscito di senno, ha provato a cancellare la parola ‘natale’. Ormai non ci si stupisce più di nulla basti pensare che abbiamo perfino due papi.
Come in altre epoche - anche se pensavamo di esserne esenti - qualcuno cerca di sgretolare il significato di parole come democrazia e libertà. Ad ognuno è affidato il compito di custodire questi valori fondanti della nostra umanità. Non so come sia venuto in mente che una parola usata in tutto il mondo per indicare il giorno 25 dicembre, a cui già da anni sono stati attribuiti significati che di religioso non hanno più nulla, possa in qualche modo discriminare qualcuno o minare il confronto e il dialogo interreligioso.
Il vero problema è che un’ipocrita imposizione apparentemente pluralista e liberalista non fa che rivelarsi un’azione di forza non corrispondente al sentire comune. Cancellare il significante non cancellerà il significato.
E perchè dovrebbe essere questo l’obiettivo? Imporre di tacere non fa parte della nostra cultura e fa riecheggiare un passato che avremmo dovuto imparare a cancellare e superare. In altre parole, ad ogni credente verrebbe impedito di parlare in pubblico della propria religione e questa sarebbe veramente una forma di rispetto per chi ha un altro credo? Sarebbe solo un paradosso, una sterile tolleranza che nasconde l’incapacità di dialogo.
Altrimenti detto, non è altro che un fallimento dichiarato della nostra umanità, di quell’ essere umani che ci contraddistingue. Se neghiamo la possibilità di dialogo, se non siamo capaci di confrontarci senza alzare le mani l’uno sull’altro, se non siamo liberi di esprimere il nostro pensiero e poi mangiare insieme nel rispetto dell’opinione altrui rimandando a domani il convincere tutti della bontà di ció in cui crediamo, non usciremo mai dalla logica (animale) della guerra, della costrizione, della prevaricazione e dell’imposizione.
Interroghiamoci a fondo e riflettiamo. Personalmente, ho sempre parlato liberamente con persone di altre religioni o laiche senza mai rinnegare il mio credo e senza mai vergognarmi. Non ce n’è mai stato bisogno, non ho mai avuto problemi. Se non c’è violenza e porto rispetto, nessuno rifiuta il dialogo e, talora, anche il confronto acceso, ma pacifico. Uguaglianza non significa essere tutti uguali, ma trattare ognuno come essere umano, senza che una sua qualche caratteristica, una sua credenza, un suo modo di essere, di fare o di sentire comporti per me di trattarlo in maniera diversa da come tratterei qualsiasi altro. Non parlo solo di religione, è scritto nella “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” e anche nella “Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali”.
Il nostro vero obiettivo dovrebbe essere quello di rispettare i diritti e le capacità di ciascuno e dare a tutti le stesse possibilità.
Ebbene, sta tutto qui il paradossale e sconvolgente messaggio del cristianesimo: realizzerete la vostra umanità costruendo una civiltà dell’amore o continuerete a combattervi, distruggervi ed annientarvi gli uni gli altri senza fine.
Anche il presepe qualcuno voleva cancellarlo qualche anno fa.
Il presepe non fa male a nessuno.
Perché è una mano aperta sul mondo, aperta all’accoglienza, che dona amore, calore e pace. Una culla per il cuore di ogni uomo. Non pretende nulla e nulla chiede in cambio. È un bambino innocente e puro in tutta la sua tenerezza. È un abbraccio e, per chi crede, un segno di speranza. Penso che non possa dare fastidio a nessuno celebrare la nascita di un bambino che viene ogni volta con umiltà e nella povertà con un messaggio bellissimo e sconvolgente: si può vivere bene insieme se ci si vuol bene! Un messaggio così semplice e disarmante da essere davvero difficile da accettare e da mettere in pratica. Forse è proprio questo che infastidisce. Questo messaggio che ogni cuore vorrebbe abbracciare, ma in certi momenti costa fatica e comporta impegno. Per cui è molto più facile arrendersi all’istinto e alla violenza.
Se mi dai una spinta e io ti do una spinta siamo pari, è logico. Ma se ti do una spinta e tu mi restituisci una carezza, sono spiazzato. Perché lo hai fatto? Il tuo istinto non ti ha guidato a restituirmi la spinta? Dove hai trovato il coraggio di volermi bene lo stesso se io ti ho fatto un torto? Perché quella volta mi hai abbracciato mentre stavo piangendo se neanche ci conosciamo. E perchè mi hai portato del cibo, proprio a me che me ne stavo in un angolo, sul mio cartone, a dormire alla stazione? Poi è arrivato un tuo amico e mi ha lasciato anche una coperta. Perché? Non so se lo farei per te. “non mi interessa, non voglio qualcosa in cambio. Mi basta la gioia che provo nel farti un dono, nella gratuità del mio gesto, nel sapere di aver fatto qualcosa di buono e che qualcuno è stato meglio, solo grazie a me”.
Cercavo la pace interiore, cercavo un equilibrio e un senso alla vita. “Vivi in pace con gli altri rispettando ciascuno come 'persona'; rispetta l’‘altro’ chiunque sia, da dovunque egli venga, in tutta la sua dignità e non trattarlo mai come uno strumento. Rispetta anche il suo corpo. Dona a lui ciò che vorresti fosse donato a te. Tratta lui come vorresti essere trattato tu. È molto semplice”. Me lo ha detto quel bambino. Ha detto di pensare a tutti come a dei fratelli e di volersi bene.
Lui è così: Lui ti vuole bene se tu gli vuoi bene, ma, anche se non gliene vuoi, ti aspetta con le braccia aperte. Quel bambino di cui ricordiamo la nascita questo dicembre è un bambino speciale che ha portato una luce nelle tenebre. Chi vuole può anche non ascoltarlo, non credere che sia un Dio, ma il suo messaggio non fa male a nessuno, è solo difficile da mettere in pratica: amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato e non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi.
Basterebbe seguire questi suggerimenti per far migliorare la qualità della nostra vita e dei rapporti tra di noi.
È bello pensare che dietro al Natale, per alcuni ‘Santo’, per altri no, c'è un messaggio di amore che va al di là di tutto, sempre e comunque.
Giulia
 
             
  



